Attento ai Social Media Manager! Cos’è davvero il Marketing?

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Ormai sono tutti Social Media Manager! Negli ultimi anni l’avanzamento della tecnologia ha portato alla nascita di nuove professioni, soprattutto nel campo digitale.

Tra queste c’è sicuramente quella dei Social Media Manager, una nuova figura molto importante in ogni azienda ma spesso discussa.

Ma cos’è davvero un Social Media Manager? Quali sono i suoi obiettivi? Come capire se si tratta di un vero professionista?

In questo articolo analizzeremo il suo ruolo. Faremo chiarezza sulla sua utilità e, soprattutto, su come distinguere un improvvisato da un vero professionista.

Cos’è un Social Media Manager? Cosa fa?

Oggi chiunque può spacciarsi per Social Media Manager.

In effetti non c’è nulla che gli impedisca di farlo. Basta un buon cellulare e l’app di Instagram e chiunque può predicarsi esperto.

Essere nativi digitali e avere uno smartphone, però, non basta. Il lavoro del Social Media Manager è molto più complesso e ha bisogno di varie competenze, sia organizzative che di marketing.

La maggior parte dei Social Media Manager, però, non hanno idea di cosa sia il marketing.

Probabilmente sono bravissimi a fare foto “instagrammabili”, ma non sanno come questo possa aiutare le aziende a generare più soldi.

Alla fine parliamo di questo. L’imprenditore deve per natura generare profitto. Se una strategia di marketing non porta più soldi nelle casse dell’azienda, significa che non funziona ed è da cambiare.

L’obiettivo del Social Media Manager non deve quindi essere portare più follower o di aumentare il numero di like.

Il Social Media Manager è quella figura incaricata di gestire le pagine social di un’impresa. Tra i suoi ruoli c’è quello di pubblicare costantemente nei canali, creare dei contenuti accattivanti e in linea con l’immagine del brand, gestire le conversazioni con i clienti attuali o potenziali, analizzare l’efficacia della strategia implementata, etc.

Il suo obiettivo, però, non è solo quello di pubblicare e sperare di raggiungere più seguaci. È necessario aumentare la visibilità dell’impresa e fare in modo di trasformare dei semplici utenti in fan, poi in clienti e, quindi, in clienti ripetuti.

La gestione delle pagine social, infatti, è soltanto una delle attività di un piano di marketing e va integrata con tutte le attività strategiche che consentono all’azienda di crescere.

Cosa fa un social media manager

Gli obiettivi dell’imprenditore

Quando hai deciso di fare l’imprenditore, probabilmente sognavi di realizzare i tuoi sogni e di vivere la vita perfetta.

Per qualcuno è stato così, ma per la maggior parte essere imprenditori significa gestire lo stress e gli imprevisti quotidiani.

Può sembrare un discorso scomodo, ma le imprese sopravvivono con i soldi. I fornitori si pagano coi soldi, i dipendenti pure, e quando vai a fare la spesa per la tua famiglia, servono soldi.

Se un imprenditore non è in grado di generare più soldi, c’è qualcosa che non va e, in breve tempo, sarà costretto a chiudere.

È scontato, vero? In effetti sì. Ma allora perché ti dico questo?

In questi ultimi anni, soprattutto con l’avvento dei social, nella mente degli imprenditori sono entrate nuove parole: likes, interazioni, condivisioni, follower, visualizzazioni, etc.

Tutte bellissime cose, ma che non pagano le bollette.

Come reagiscono gli imprenditori davanti a queste novità? Possiamo dividerli in 5 categorie:

  1. I Creduloni
  2. I Tirchi
  3. Gli Scettici
  4. I Faccio-tutto-io
  5. I Consapevoli

Tu che imprenditore sei?

I Creduloni

I Creduloni sono le vittime preferite di tutti coloro che non hanno idea di quello che vendono.

Sono quegli imprenditori che, per mancanza di tempo o di voglia, credono ingenuamente a finte promesse o si fanno abbindolare da metriche inutili.

Sono ottime prede per i sedicenti “esperti di marketing” o per gli aspiranti Social Media Manager, in quanto facilmente condizionabili.

Questi imprenditori prima o poi si accorgono degli errori compiuti e, quando accade, si trasformano in una delle categorie di seguito.

I Tirchi

La seconda categoria è quella dei Tirchi.

Sono quelli che si sentono sempre i più furbi perché trovano sempre la soluzione meno dispendiosa. Perdono tempo cercando continuamente il sistema più economico per fare qualcosa. Il focus non è mai sul risultato ma sul risparmio.

Affidano il proprio business in mano ad incompetenti o parenti e, ovviamente, non raggiungono nessun tipo di risultato.

Questi imprenditori non faranno mai il salto di qualità, il problema sta proprio nella mentalità.

Gli Scettici

La terza categoria è quella degli Scettici, quelli che non si fanno convincere da nulla. Ormai ne hanno visto talmente tante e sono stati fregati troppe volte che non si fidano più di nessuno. Spesso sono ex Creduloni.

Da un lato li capisco perché là fuori è pieno di persone che si predicano ciò che non sono, dall’altro questo atteggiamento non gioca a loro favore.

Sono infatti molto chiusi alle innovazioni. Qualsiasi cambiamento gli fa paura e, non sapendo a chi affidarsi e non volendo impararlo in prima persona, preferiscono rinunciare direttamente all’opportunità.

Purtroppo sappiamo benissimo che fare l’imprenditore significa sapersi adattare al cambiamento. In un mondo veloce, essere aperti ai cambiamenti è essenziale per la sopravvivenza della nostra impresa.

I “Faccio-tutto-io”

La quarta categoria è quella dei Faccio-tutto-io, forse la peggiore con cui lavorare.

Questi imprenditori lavorano 20 ore al giorno e vogliono avere controllo su tutto. Nella loro azienda si respira un’aria di stress e agitazione, sembra di essere sempre sotto esame.

Spesso si tratta di piccolissime attività che faticano a crescere in quanto l’imprenditore fatica a delegare le attività. Questo lo porta a sovraccaricarsi di lavoro, trovandosi a fare cose per cui non ha le competenze o che non sono prioritarie per lo sviluppo dell’impresa.

Si gestisce da solo i social media, si fa il sito da solo, fa foto direttamente dal suo cellulare, etc. Sembra che abbia tutto sotto controllo, ma nemmeno una cosa di quello che fa è fatta davvero bene. E questo gli impedisce ovviamente di avere dei risultati rilevanti.

Lavorare con questi imprenditori è molto difficile anche per i consulenti seri, in quanto prendono spesso decisioni su cose che non sanno, cambiando completamente le sorti della strategia.

Gli imprenditori Consapevoli

L’ultima categoria è quella degli imprenditori Consapevoli.

Questi imprenditori sanno cosa è importante per la loro impresa. Sanno che, per far sì che cresca nel tempo, devono focalizzarsi sulle cose che contano e circondarsi di persone competenti.

Avendo ben chiari i loro obiettivi aziendali, sanno distinguere facilmente una persona che vende fuffa da un vero professionista.

Questi imprenditori sono il male per i fake Social Media Manager, che non riusciranno mai a vendergli i loro imperdibili servizi.

Sono invece degli ottimi collaboratori per chi fa bene il proprio lavoro: sono aperti alle novità e sanno che affidarsi a degli esperti porterà dei benefici. Per benefici, chiaramente, non si intendono più follower su Instagram, ma più profitto.

Tu che imprenditore sei?

Il tuo obiettivo deve essere quello di far parte dell’ultima categoria di imprenditori, in quanto tutte le altre non possono ambire al successo.

Gli imprenditori che sanno delegare e sanno riconoscere le persone giuste per farlo, sono destinati al successo. Riconoscono che non possono controllare qualsiasi cosa ma devono affidarsi a persone più esperte di loro negli specifici campi.

Solo così è possibile fare il salto di qualità e non essere schiavi del proprio business, che continuerà a crescere e raggiungere gli obiettivi prefissati.

Cos’è davvero il Marketing?

Definire il marketing in un poche righe non è sicuramente un’impresa semplice e rischierebbe di banalizzarlo.

Per semplicità possiamo definire il Marketing come quel processo che, partendo dallo studio del proprio target, permette di offrire dei beni o servizi nel tempo, nel canale e nel modo più adatti, al prezzo più conveniente sia per il cliente che per l’impresa.

Per prezzo più conveniente non si intende sempre più basso, ma più corretto rispetto alla percezione del cliente e al margine di guadagno dell’imprenditore.

Il marketing viene spesso confuso con la pubblicità o con la comunicazione. Questo non è del tutto sbagliato. Possiamo però dire che la pubblicità e la comunicazione fanno parte di un processo di marketing.

Uno studio di marketing parte dalla conoscenza approfondita del proprio mercato di riferimento. Conoscere il proprio cliente tipo, le sue esigenze e i suoi gusti, è essenziale per comprendere cosa offrirgli e in che modo.

Il nostro prodotto o servizio deve infatti rispondere ad un’esigenza del mercato. Se a ciò che offriamo non corrisponde un bisogno da parte del cliente, non esiste il mercato.

Una volta appurato che il nostro prodotto ha un mercato e che esiste un interesse in ciò che offriamo, dobbiamo trovare il miglior modo per proporlo al nostro pubblico target.

A quale prezzo? Come posso raggiungere nuovi clienti? Come viene presentato il prodotto? Qual è il processo che trasforma un cliente potenziale in cliente pagante? Come fidelizzo i clienti soddisfatti? Come posso alimentare il passaparola? Attraverso quali canali venderò i miei prodotti? Un e-commerce? Un negozio fisico? Quanto devo investire per raggiungere il mio target e rientrare nell’investimento?

Le domande da farsi prima di elaborare una strategia di marketing sono infinite, queste sono solo alcune delle decisioni da affrontare.

Infatti, non è un caso che abbiamo definito il marketing un “processo”. Questo ci aiuta a capire che non si tratta di una singola azione, una singola campagna di comunicazione, un singolo post sui social, una singola email, etc. ma di un insieme di attività che si intrecciano tra di loro con un unico obiettivo.

Questo ci fa capire che non è possibile sintetizzare tutto in qualche post su Instagram come molti vogliono far credere.

Aumentare la visibilità su Instagram senza un buon processo di marketing dietro, rischia infatti solo di peggiorare la situazione.

Le fasi del Processo di Acquisto

Abbiamo quindi capito che fare marketing NON significa fare qualche post su Instagram e aumentare i follower.

Per capire meglio il concetto, possiamo suddividere il processo di acquisto di un cliente in 5 fasi:

  1. Diffusione
  2. Educazione
  3. Vendita
  4. Fidelizzazione
  5. Referral

1. Diffusione

La prima fase è quella che ci consente di far sapere al nostro mercato di riferimento che esistiamo.

Una volta individuato chi è il nostro cliente, cosa gli interessa e come possiamo intercettarlo, dobbiamo attrarre la sua attenzione.

Questa fase possiamo banalmente definirla anche pubblicità. Può svilupparsi attraverso una serie di annunci sui social, dei banner in un sito, un cartellone pubblicitario, uno spot alla TV, la sponsorizzazione di un evento, etc.

In questa fase il nostro obiettivo è raggiungere più persone possibili in target e attrarre la loro attenzione.

L’obiettivo deve essere quello di far compiere un’azione al cliente potenziale che dimostri un interesse: lasciare il contatto e-mail, richiedere un preventivo, seguirci sui social. Qualsiasi cosa che ci consenta di rimanere in contatto.

Chiaramente ogni azione ha un diverso peso. Una richiesta di preventivo è un sintomo di interesse molto più importante di un follow su Instagram, ma anche quest’ultimo può trasformarsi in un nuovo cliente con la giusta strategia.

Facciamo l’esempio di un ristorante vegano.

Per diffondere il nostro locale possiamo lanciare delle campagne su Instagram raggiungendo persone vegane o che stanno molto attente a questi temi. Possiamo farlo mostrando un video dello chef mentre cucina, o un cliente felice che si gusta il suo piatto, o il processo di selezione degli ingredienti. Questo porterà l’utente interessato a compiere una prima azione (per esempio seguirci su Instagram), che lo avvicinerà all’acquisto.

2. Educazione

Questa è una fase spesso sottovalutata, ma è probabilmente la più importante. Una buona fase di educazione permetterà di convincere il cliente all’acquisto in modo semplice, senza intoppi in fase di vendita.

Per capire come svolgere al meglio la fase di educazione, dobbiamo avere ben chiaro quali sono i punti di forza del brand e perché un cliente dovrebbe acquistare da noi.

Qual è la storia del brand? Quali sono i suoi valori? In che modo il nostro prodotto/servizio risolve le necessità del cliente potenziale? Cosa ci distingue dai competitor?

Il processo di educazione si compone di tutte quelle azioni e comunicazioni che valorizzano il nostro prodotto e lo mettono in luce rispetto alla concorrenza.

Può avvenire attraverso degli articoli, dei post sui social, degli annunci di recensioni di clienti, dei video informativi, una newsletter, etc.

Questa fase si può anche definire follow up, in quanto il nostro lavoro sarà quello di continuare a comunicare con il potenziale cliente attraverso i canali che abbiamo a disposizione.

La fase di educazione può essere più o meno lunga a seconda del livello di percezione che ha il cliente del problema e al prodotto che vendiamo. Chiaramente vendere un’auto da 50 mila euro ha spesso bisogno di una fase di educazione più lunga rispetto alla vendita di un cioccolatino.

Per capire meglio, prendiamo l’esempio di una clinica dentale specializzata in trattamenti per bambini. La fase di educazione può avvenire in modo diverso in base all’azione che abbiamo compiuto prima. Supponiamo che, per attrarre l’attenzione nella prima fase, abbiamo pubblicato un annuncio con video su Instagram che, attraverso un click, porta ad una pagina dove spieghiamo come un bambino può superare la paura del dentista.

Questo articolo avrà l’obiettivo di iniziare ad educare il cliente potenziale, che dovrà percepire che siamo esattamente la soluzione al suo problema. In questa stessa pagina possiamo aggiungere una sezione dove richiediamo il contatto dell’utente in cambio di una prima visita gratuita, o di uno sconto sulla prima visita, o di uno studio che dimostra come la tecnologia che usiamo nella nostra clinica sia adatta ai bambini.

Questo ci sarà molto utile per inviare per e-mail altro materiale (presentazioni, offerte, etc.)  al cliente potenziale, con l’obiettivo di convertirlo in cliente nel più breve tempo possibile.

3. Vendita

La vendita è chiaramente la fase più importante del processo. Se abbiamo svolto bene le fasi precedenti, avverrà in modo semplice e (quasi) automatico.

La vendita può avvenire sia virtualmente (come nel caso di un ecommerce) che fisicamente (come nel caso di un ristorante). Gli strumenti che ci consentiranno di vendere sono diversi a seconda della natura del nostro business e dei canali utilizzati: un annuncio in retargeting, un commerciale, un team telefonico di supporto, un’offerta irresistibile promossa sui social, etc.

Questa fase si conclude quando il cliente scambia il suo denaro per il nostro prodotto/servizio.

4. Fidelizzazione

A questo punto la maggior parte dei business pensano che il processo sia concluso.

Una volta fatta la vendita arriva la fase più sottovalutata di tutte. In questa fase dobbiamo prendere più valore possibile dai nostri clienti attuali.

L’obiettivo è quello di aumentare il cosiddetto CLV (Customer Lifetime Value), cioè il valore del cliente nel tempo durante l’intero periodo della nostra relazione.

Questa metrica è importantissima. Infatti, acquisire un nuovo cliente è fino a 7 volte più costoso di mantenere un cliente esistente.

Una volta effettuata la vendita, dobbiamo quindi assicurarci di avere ancora la possibilità di comunicare con un cliente, specialmente se è soddisfatto.

Se un cliente esce contento dal nostro negozio e non gli abbiamo chiesto il contatto, la nostra unica speranza è che si ricordi spontaneamente di noi e ritorni il prima possibile. Ma non possiamo basare il nostro business sulla speranza o sulla casualità, dobbiamo controllare tutto ciò che è possibile controllare.

Una volta ottenuto il contatto del cliente, inizia una seconda fase di educazione. In questa fase il nostro obiettivo è quello di rimarcare che siamo la soluzione alle sue necessità, al fine di convincerlo a tornare o a comprare altri prodotti.

Per questa fase può essere molto utile attivare una strategia di Retargeting. È un processo che ci consente di raggiungere nuovamente degli utenti che hanno già mostrato interesse nel nostro brand.

Hai presente quando stai cercando qualcosa su Amazon e ti ritrovi l’annuncio di quel prodotto su Facebook o Instagram?

Non è magia nera, si chiama Retargeting, ed è uno strumento potentissimo se usato bene.

Il retargeting può essere utile anche nella fase di Educazione, ma anche in un processo di fidelizzazione è molto importante.

Avendo una lista dei dati di contatto dei nostri clienti, infatti, possiamo fare degli annunci riguardo un nuovo prodotto o una nuova offerta che sappiamo possa interessargli.

Tornando all’esempio del ristorante vegano, possiamo raggiungere nuovamente il nostro cliente soddisfatto in vari modi: una newsletter settimanale dove spiega l’importanza di una dieta che non comprenda derivati animali, degli annunci su Instagram in retargeting che mostrano le foto di vari nostri piatti, etc.

Nel caso del dentista per bambini, invece, possiamo fissare una visita di controllo una volta all’anno, o continuare ad inviare newsletter spiegando l’importanza della prevenzione, etc.

5. Referral

Anche questa è una fase spesso sottovalutata, in cui vengono lasciati tanti soldi sul piatto.

Abbiamo già parlato infatti dell’estrema importanza di un cliente soddisfatto e di come possa aiutare il nostro business.

Immaginiamo che, oltre ad avere un sistema per far tornare il cliente, abbiamo anche una strategia per trasformare questo stesso cliente in ambassador.

Che significa? Che sarà lui stesso a portarci altri clienti grazie al passaparola.

Il passaparola è infatti ancora tra gli strumenti più potenti di marketing. Un cliente che raccomanda il nostro business a un suo amico vale molto di più di un nostro annuncio che auto-elogia i nostri prodotti.

È per questo che dobbiamo dare ai nostri clienti soddisfatti degli stimoli per parlare di noi con i propri cari.

Questo è ancora più importante oggi nell’era dei social. Se prima un cliente soddisfatto poteva raccontare la sua esperienza a poche persone, oggi il processo è molto più rapido. Infatti, oggi lo stesso cliente può fare una story su Instagram parlando di noi e raggiungere centinaia di persone in pochi minuti, che a loro volta possono condividere il contenuto con altre persone.

Torniamo all’esempio del nostro ristorante vegano.

Un’idea per attivare un processo di passaparola potrebbe essere quella di fare un concorso mensile. Chiunque verrà e metterà una story taggando il locale, parteciperà ad un concorso con in palio una cena gratuita. O ancora possiamo chiedere esplicitamente ad un cliente soddisfatto di lasciarci una recensione su TripAdvisor. O ancora possiamo lasciargli un buono sconto per una cena di gruppo qualora voglia tornare con i suoi amici.

Le possibilità sono infinite. Dobbiamo solo trovare l’idea che più si adatta al nostro modello di business e al nostro cliente.

Stop alle Vanity Metrics

Cosa abbiamo capito da tutto questo? Possiamo dire che i social sono essenziali per un’attività, ma sono solo uno degli strumenti che abbiamo a disposizione.

Pubblicare un post sui social media non significa avere una strategia di marketing, ma solo utilizzare uno degli strumenti disponibili.

Molti finti professionisti basano la loro comunicazione su delle metriche inutili per l’imprenditore, le cosiddette Vanity Metrics.

Le Vanity Metrics sono infatti quelle metriche molto utili per soddisfare l’ego, ma assolutamente inutili per il nostro business: likes, follower, condivisioni, commenti, etc.

Oltre ad essere inutili, queste metriche sono anche facilmente falsabili. Infatti esistono svariati tool o strategie che consentono di acquistare pacchetti di follower, like o commenti, rendendo molto difficile individuare i profili reali.

Dobbiamo infatti fare molta attenzione anche ai fake influencer, che sfruttano i loro numeri gonfiati per proporre collaborazioni ai brand.

L’unico modo per rimanere immune da questo mondo falsato è quello di focalizzarsi solo sulle metriche che contano davvero per il nostro business, dando alle Vanity Metrics poca importanza.

Affidati a dei Professionisti

Nel mondo del business è molto difficile incontrare persone oneste con cui collaborare. La maggior parte dei nostri clienti, infatti, vengono da esperienze pregresse che li avevano fatti completamente dubitare dell’efficacia del marketing.

La colpa, però, non è del marketing. È di chi si professa per ciò che non è, creando sfiducia in tutto il mercato.

Come analizzato in uno dei paragrafi precedenti, ogni imprenditore reagisce in modo diverso alle avversità del mercato.

Ci sono i Creduloni (che si affidano ai venditori di fumo), i Tirchi (che pensano al risparmio al costo di affidarsi a degli incompetenti), gli Scettici (che sono chiusi ad ogni tipo di innovazione), i Faccio-tutto-io (che non si fidano di nessuno e preferiscono far da sé) e i Consapevoli (che capiscono che è necessario innovare continuamente e sapersi circondare di persone competenti).

Tu che imprenditore sei?

Questa è una risposta che solo tu puoi dare. Solo tu sai come va il tuo business e quali sono i tuoi obiettivi. Solo tu sai se vuoi passare al livello successivo o continuare in una situazione che non ti soddisfa.

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